Emanuele Scieri: un urlo liberatorio

Che il caso fosse stato riaperto, che una commissione d’inchiesta parlamentare apposita avesse fatto emergere qualcosa di nuovo rispetto alle indagini che per 19 anni hanno avvolto nel mistero un caso tragico quanto assurdo di ingiustizia, non era certo una sorpresa.

Ma la notizia di qualche giorno fa, dell’arresto di una persona ed un totale di tre indagati, per la morte del parà siracusano Emanuele Scieri, davvero ci ha fatto saltare dalla sedia. Di quelle che qualunque cosa stesse accadendo intorno a quella tavola imbandita a pranzo, tutt’ad un tratto non avesse alcuna importanza. Un urlo convinto, schietto e quasi minaccioso: “Silenzio!”. Così, tutti ad ascoltare il tg, storditi quasi da un sottotitolo così inatteso che non si riesce quasi a leggere per lo stupore: “Svolta nelle indagini, tre indagati”. Fino ad arrivare ad un sospiro di gioia. Come un intimo urlo liberatorio, trattenuto per 19 anni, sin da quel maledetto giorno di agosto del 1999.

Tante le famiglie siracusane, lo sappiamo, commosse di fronte al quasi epilogo di una storia vergognosa. Una vicenda rimasta in sospeso per anni come una spina nel cuore della città. Una ingiustizia che andava perseguita, con ogni mezzo. Ricordiamo tutto di quei giorni. La camera ardente, le fiaccolate, i funerali e la città che si stringeva intorno alla famiglia, l’albero (in foto) e la targa in memoria del povero Emanuele. Una città toccata nell’intimo profondo del suo cuore e soprattutto fortemente indignata. Le immagini e il dolore di quella madre mostrarono, nella pratica, ad ognuno di noi quanto fosse unico il bene di una donna nei confronti del proprio figlio.

E che dire degli anni a seguire. La Folgore che incredibilmente suggeriva alla magistratura la tesi del suicidio (vergogna!), tesi alla quale nemmeno un bambino di 10 anni avrebbe dato fiducia; l’archiviazione del caso; fino ad arrivare alle vili e misere scritte sui muri della città di Pisa (che non osiamo citare). Esempi di scempiaggine umana che nulla potevano contro l’amore di una mamma e la determinazione di una famiglia per bene.

Adesso, a distanza di 19 anni, pare emerga in tutta evidenza ciò che da sempre è stato fin troppo chiaro. Un fenomeno che qualcuno non voleva ammettere, probabilmente per non assumersi le proprie responsabilità, per non macchiare la propria carriera e una “istituzione” tanto blasonata, ma che alla fine non era stata nemmeno capace di tutelare se stessa. Per non parlare dell’omertà di chissà quanti commilitoni.
Il “nonnismo” quindi, fenomeno a quanto pare assai diffuso in quella caserma, sacrificò sopra l’altare della vigliaccheria, un uomo che lì si trovava per assolvere al proprio dovere nei confronti di uno Stato che non gli ha reso onore, se non dopo 19 anni. Forse.