A pochi giorni dal fatidico 24 giugno, il destino del calcio professionistico a Siracusa è ancora in ballo, tra una miriade di sparate giornalistiche, smentite e incertezza.
Tutto ciò che sappiamo è che ci sarebbero le ultime trattative in corso. Poi staremo a vedere se si giungerà a questa benedetta iscrizione. C’è però una imbarazzante verità che sembrerebbe farsi largo, per emergere in tutta la sua assurdità: dietro la porta del Siracusa Calcio non c’è la fila di imprenditori siracusani (a parte Cutrufo e affini), interessati a “partecipare” al progetto della squadra di calcio più blasonata del territorio.
Questa città è strana
Non ci spieghiamo come sia possibile che in una città importante come Siracusa, con 130.000 anime, e con una provincia di oltre 400.000 abitanti, non si sia riusciti a riunire attorno ad un tavolo una serie di imprenditori, pronti ad investire qualcosa in una vetrina prestigiosa quale è la serie C del campionato di calcio nazionale.
Vedere il proprio brand locale affiancato ad altri brand di importanza nazionale, che certamente saranno rappresentati nella prossima stagione nei vari stadi italiani, dovrebbe essere motivo per fare a gomitate e ritagliarsi un posto di rilievo nel piano marketing del Siracusa Calcio. Ma non in questa dannata città.
Certo, non solo questo può bastare a convincere un imprenditore a puntare su questa tipologia di investimento. Ma, contestualizzato in un progetto serio e a lungo termine e dal momento che alla fine non si parla affatto di cifre astronomiche, c’è proprio da non darsi pace per il fatto che in generale non c’è grande interesse da parte degli imprenditori siracusani nello sponsorizzare le loro attività. La domanda è: ma che razza di malattia ha il siracusano?
Eppure la serie C è un patrimonio di cui questa città ha assolutamente bisogno e che non si può permettere di perdere. Certo, le urgenze sono tante. Ma pensiamo all’indotto che uno stadio ben frequentato andrebbe a generare dal punto di vista economico. O forse dobbiamo fare gli snob e negare che il calcio in Italia è una industria importante?
Clima sfavorevole e tanti errori
C’è da dirlo, non è stato un anno fortunato per la gestione Alì. Vuoi per la mancanza sin dall’inizio di un rapporto aperto con la tifoseria; vuoi per una gestione sbagliata della composizione della squadra; vuoi per la mancanza di una strategia pubblicitaria che creasse il giusto entusiasmo; metti anche uno stadio obsoleto che proprio fa passare la voglia a chi già ne ha poca; ed infine gli scarsi risultati della nuova squadra. Tutti elementi non certo favorevoli.
Inoltre va detto che Alì ha rilevato il Siracusa Calcio in un momento storico poco favorevole. In primis il calo fisiologico della passione attorno al Siracusa Calcio. Il malcontento era nell’aria già la scorsa estate, causa la delusione per come si era conclusa la stagione, con l’ennesimo addio alle speranze di una tanto sognata Serie B. Un calo di passione che probabilmente non è stato ben interpretato da tutti. È pur vero che questa città aspetta la serie cadetta da quasi 70 anni! Chi altri come noi in Italia? E nonostante ciò, al contrario di quanto qualcuno afferma, negli ultimi anni il De Simone non aveva mal figurato in termini di presenze rispetto ad altre realtà.
Si poteva intervenire meglio per attrarre gli appassionati. Tanto per fare un esempio, mai una amichevole con una squadra blasonata di serie A o perché no estera, con giocatori di livello internazionale. Mai un evento eccezionale che invogliasse i siracusani più arrugginiti a riscoprire la passione del calcio dal vivo. Si pensi anche agli eventuali incassi…
Eppure basterebbe davvero poco per riaccendere la fiamma. Perché Siracusa e i siracusani amano il calcio, e nei momenti che contano ci sono sempre stati. Sappiamo tutti cosa accadrebbe in questa città in un campionato di vertice ben programmato, per non parlare di una Serie B. Un affare che qui però.. sembra non interessare a nessuno: si chiami allora un esorcista.